Agape Campo Gay 2024
Questione di sguardi: storie, esperienze, pratiche e prospettive per non perderci di vista
Tutti noi ci muoviamo per il mondo osservandolo. Che sia con la vista o con altri sensi poco importa: poggiamo il nostro “sguardo” sul mondo e ci creiamo un’immagine mentale di ciò che è reale per noi. Se questo appare un movimento semplice e naturale, più difficile è osservare non “cosa” ma “come” guardiamo la vita che ci circonda. Quando riusciamo a farlo, diventiamo via via più consapevoli del fatto che con lo sguardo possiamo accarezzare, interrogare, compiacere, incuriosire, avvicinare, condividere, ma anche invadere, giudicare, mettere a disagio, indispettire, respingere. Le modalità con cui rivolgiamo i nostri occhi verso l’altrə possono quindi essere determinanti rispetto alle relazioni che instauriamo.
Ma noi stessi siamo continuamente oggetto dello sguardo altrui, e gli occhi dell’altrə posati su di noi ci inviano messaggi e segnali altrettanto significativi ai fini della relazione. E poi c’è lo sguardo che rivolgiamo su noi stessi: quello che vediamo davanti allo specchio può risultarci più o meno gradevole, e più o meno assonante rispetto all’immagine di noi che ci restituisce l’altrə.
Una settimana in montagna per staccare la spina dopo un anno di lavoro impegnativo, per passare qualche giorno in condizioni ben diverse dalle solite e, perché no, per sfuggire alla morsa del caldo estivo. Questo è stato per me il Campo Gay 2024 ad Agape, Prali, dal 13 al 19 luglio. Titolo: “Questione di sguardi”, con la canzone di Paola Turci a fare da colonna sonora, capace di entrare in testa per risuonare a lungo.
Era la mia seconda volta, dopo l’esperienza dell’anno scorso, e ripercorrendola nella mente ci riconosco proprio ciò che ci si aspetta da una seconda volta: la familiarità che viene dall’aver già esplorato ambiente e dinamiche, e l’apertura distesa alle novità che ogni bis immancabilmente porta con sé.
È bello ritrovare volti già noti, con cui magari ci si era salutati alla fine del campo 2023 col proposito di conoscersi meglio alla prossima occasione utile. Così come è bello sperimentare un ricambio di parte dei partecipanti, per darci la possibilità di intessere trame relazionali inedite.
Il programma del campo segue nelle linee generali una ricetta ben rodata e vincente, a quanto posso capire; anche se rispetto all’anno scorso mi sembra meno fitto e serrato: forse per lasciare più spazio ai momenti di socializzazione fuori dai ranghi, che sono occasione per confronti e piacevolezze, con qualche schitarrata qua e là. E così anche quest’anno non mancano le attività e i laboratori in cui lasciarci guidare alla scoperta di sé, del proprio vissuto, delle proprie relazioni, del mondo in cui siamo; i pasti durante i quali proseguire conversazioni, intavolare dibattiti, scambiarsi messaggi della “posta del cuore”, e comunque assaporare la convivialità; le serate al gusto di giochi, di zumba, di festa (ma stavolta veniamo sorpresi anche con uno spettacolo teatrale di alto profilo, toccante e formativo). Tutto questo incorniciato dallo yoga al mattino (e l’edizione 2024 diversifica l’offerta sotto questo aspetto), per incentivare il risveglio e predisporre alle fatiche della giornata, e dall’“aperitivo spirituale” alla sera, quando veniamo accompagnati in un approfondimento della riflessione con l’aiuto di brani biblici e spunti di attivazione.
È proprio qui che si fa evidente che, se un’esperienza come questa è possibile, non è solo grazie alle semplici forze umane: c’è uno sguardo, un messaggio, un amore che viene da oltre e anima questo posto, le persone che lo abitano e ogni fibra della sua sostanza, e che raggiunge anche noi che siamo ospiti per qualche giorno. È qui che viviamo alcuni dei momenti che ho percepito come più intensi, quando siamo invitati a condividere le nostre risonanze sul significato che può avere lo sguardo che posiamo l’uno sull’altro, oppure a esprimere a chi ci è accanto qualcosa di bello-e-buono che vediamo in lui, o ancora a camminare in ordine sparso lasciando che i nostri occhi si incontrino e parlino.
Che cosa si apprezza di più nel Campo Gay ad Agape? Qualcuno risponderà: l’opportunità di scambiarsi attenzioni e gesti, battute e sorrisi come non è comune fare nella vita di tutti i giorni. Qualcun altro punterà l’attenzione sull’apertura alla diversity anche quando si tratta delle propensioni di ognuno. Il giorno della gita, per esempio, c’è chi, come me, si è attenuto alla formula base, con camminata leggera fino al prato prestabilito per il pranzo al sacco e la siesta; chi si è spinto a più alta quota per proseguire l’impresa; chi si è mosso in auto per raggiungere luoghi nei dintorni che meritano una visita; chi, infine, è rimasto al campo-base.
Un valore aggiunto dell’esperienza credo che stia poi nelle iniziative che ne sono scaturite per continuare a coltivare i rapporti tra coloro che hanno partecipato al campo, a cominciare da una chat di gruppo, per passare a videochiamate collettive che ambiscono a farsi regolari e sistematiche, senza che manchino incontri di persona tra singoli a cui la distanza ravvicinata li consente, e addirittura prende forma il progetto di una reunion allargata; segno che è forte il desiderio di tenere vivi i legami che si sono instaurati. Personalmente, per il mio modo di essere, faccio fatica a dare seguito all’esperienza sotto queste forme. Ma mi accorgo chiaramente di aver portato con me materiale su cui continuare a lavorare; magari per riuscire ad essere propagazione di quell’Agape-amore al di fuori di quei confini.
Un grazie sentito va a ciascuno dei membri della staff; alla direttora e alla vicedirettora; a ciascuna e ciascuno dei residenti e dei campolavoristi; a ciascuno dei partecipanti al campo.
G.C.