Quando qualcuno ti chiede cosa sia Agape siamo sempre in difficoltà e non si riesce mai ad essere convincenti. L’unico vero modo per capire cosa realmente sia questo posto è viverlo, fare un campo.
Il tema di quest’anno sembrava così carino e “fuffoloso”, apparentemente leggero se non quasi inconsistente; e invece, come ogni anno Agape ti stupisce, andando oltre qualsiasi aspettativa.
Per quanto mi riguarda, da quando avevo sei anni, la vacanza più bella è sempre stata Agape e tanto grande era la gioia man mano che si avvicinava il giorno della partenza, altrettanto lo era la tristezza e la depressione quando si tornava a casa. E quest’anno non sono state da meno, né l’una né l’altra. Questo campo è stato uno di quelli che ho vissuto più intensamente, forse perché ho dovuto dire addio a tutti quelli per cui era l’ultimo campo, ragazzi a cui sono sempre stata molto legata, la mia seconda famiglia. Certo non si tratta di un vero addio, ci rivedremo, ce lo siamo promessi. Non è stato un vero addio, tra qualche anno saremo ancora tutti li, organizzando scherzi ai cadetti o vendendo guaranito. Eppure non sarà la stessa cosa, sarà diverso, magari altrettanto bello. Perché in fondo ciò che rende Agape magico, sono proprio le persone che ci sono passate, che ci sono ora e che ci verranno.
Mi ricordo il viaggio del primo giorno, la gioia nell’attesa di rivedere tutti i vecchi amici e di conoscere persone nuove a cui trasmettere la passione per questo posto. “Passione” era uno dei termini chiave di questo campo; ci siamo chiesti, che cos’è la passione? Per giorni abbiamo tentato di definirla e ci siamo addentrati nel mondo della semantica e della retorica raggiungendo definizioni anche molto convincenti. Se dovessi visualizzare il concetto di passione nella mia mente penso che rivivrei i momenti più belli e intensi vissuti durante questi tredici campi ad Agape. Ogni anno mi ripeto ciò che devo fare: cogli ogni singolo attimo e opportunità di conoscere persone, ascolta le loro storie, i loro pensieri, aiuta chi ha bisogno, guarda nella tua anima e in quella degli altri, condividi, ama, non dare nulla per scontato, gioisci per ciò che ricevi e sii pronta a offrire quello che puoi dare.
Mi ricordo il primo giorno, i sorrisi e gli abbracci di chi rivedo ogni anno per soli dieci giorni ma che riesce a farmi sentire a casa in ogni momento, e gli sguardi curiosi, timidi e piacevolmente ingenui dei ragazzi nuovi. Li guardo negli occhi e sorrido, penso a quanto abbiamo da dirci, a quanto dobbiamo recuperare, a quanto vivremo insieme. Li guardo e sospiro, realizzando che in dieci giorni dovremo fare tutto il possibile per stare più tempo insieme, per vivere e godere di ogni singolo attimo. Incrocio sguardi di persone sconosciute, con cui non vedo l’ora di trascorrere del tempo e parlare. E poi rivedo gli staffisti, alcuni nuovi, altri che conosco dal pc1. Realizzo che è soprattutto grazie a loro che Agape mi dà tutto questo, riescono sempre a conciliare meravigliosamente momenti ludici con momenti di riflessione, risate con ragionamenti, amore con confronti e condivisone di idee. Durante alcune attività mi sento ignorante su degli argomenti; non è una brutta sensazione, anzi, è un grande stimolo ad ascoltare, prendere tutto ciò che gli altri hanno e offrire quello che porto con me. Nessuno ti giudica, si viene apprezzati per quello che siamo, liberi di parlare, di ascoltare, di cantare e di ballare, siamo liberi di amare ed essere amati, liberi di appassionarci.
Che cuore è stato un campo meraviglioso, dieci giorni di amore, condivisone e serenità in cui i legami tra di noi hanno trovato l’atmosfera ideale per stabilirsi e rafforzarsi. Mi ricordo dieci giorni di sole, la brezza frizzante del mattino quando uscivamo per accogliere i primi raggi della giornata; mi ricordo anche di essermi scottata il naso il primo giorno avendo passato ore sul prato a parlare, ridere, cantare, sorseggiare guaranito e giocare a pallavolo. Mi ricordo di Pablo, un ragazzo autistico che quest’anno ha partecipato al nostro campo, un ragazzo dolcissimo che ha dato moltissimo a ognuno di noi e ha contribuito a rendere questo campo ancora più bello… Agape è un posto per tutti e ognuno di noi è importante per il suo funzionamento. Agape ci migliora, ci rende più responsabili, ci insegna l’umiltà, ci aiuta a condividere, ci mostra come si ama. In questo posto nascono amicizie grandissime; vivendo in stretto contatto gli uni con gli altri per dieci giorni ci si riesce a conoscere veramente bene e la cosa più bella è che quando si torna a casa, nonostante l’ondata di tristezza e depressione che ti travolge, ci si sente rinnovati, realizzando di aver lasciato una parte di noi lassù, ma di aver con noi una parte di tutti gli altri. Agape mi fa sentire viva, mi sprona ad essere attiva, a conoscere, a condividere e a confrontarmi con altre realtà…
Sono distrutta al pensiero che mi mancano solo due campi per concludere il mio percorso da cadetta, ma allo stesso tempo sono consapevole di aver vissuto in questo posto alcuni dei momenti più belli della mia vita; non ho rimorsi, non ho rimpianti, solo bei ricordi e tante belle aspettative. Anche se gli anni passano e crescendo finiamo i nostri campi, lasciamo sempre una parte di noi a questo posto e alle persone che incontriamo; il ricordo di ciascuno di noi vive nei prati verdi, tra le pareti del salone, sui tavoli dei pasti, nei tetti, tra una stanza e l’altra, tra le corde delle chitarre consumate dalle dita di agapini musicisti, sugli scalini delle casette calpestati da centinaia di piedi e percorsi la maggior parte delle volte correndo, tra i tasti del pianoforte scordato del saloncino nuovo, al bar nello zucchero di canna e in un pacchetto di biscotti al cioccolato, in cucina tra un piatto e un bicchiere da asciugare, sulle coperte calde e i materassi comodi per guardare film e accoccolarsi, nell’acqua fredda delle docce dopo la gita, e in ogni altro posto.
Perché in fondo Agape siamo noi, e non verremo mai meno.
Blanca Prestini